OTTAVA LEZIONE
La pasticceria



i dolci … un po’ di storia

I dolci erano già conosciuti nell'antichità ma non erano molto diffusi perchè per la loro preparazione mancava l'elemento base cioè: lo zucchero che era sostituito dal miele.
Lo zucchero usato era il prodotto ricavato dalla canna, chiamato appunto "canna da zucchero"
Questa pianta, era già coltivata in India e chiamavano lo zucchero "sale indiano". Dall'India si diffuse poi in tutto il Medio Oriente e di seguito anche in molti paesi a clima caldo.
Lo zucchero in canna originalmente era usato in medicina come lassativo ed in Europa aveva un prezzo molto alto trattandosi di merce di importazione.
I dolci che facevano nell'antica Grecia e a Roma a noi di certo non sarebbero stati graditi. La composizione degli ingredienti era per lo più assai strana perchè alla farina e al miele univano i formaggi o cervellini di animali ridotti in poltiglia.
Nell'Alto Medioevo l'arte dolciaria era mantenuta eccezionalmente dalle suore nei conventi e facevano principalmente dei biscotti e pasticcini molto semplici.
Furono gli arabi a perfezionare le conoscenze gastronomiche divenendo dei raffinati pasticcieri.
Dagli arabi in poi l'arte dolciaria progredì continuamente raggiungendo nel 1600 circa la sua più alta perfezione.
Lo zucchero in canna sostituì gradualmente il miele nei dolciumi più raffinati già dal 1500 quando, verso la metà del 1700 la chimica subì uno sviluppo importante.
Fu in quel periodo che un chimico tedesco per primo rilevò che un prodotto quasi uguale allo zucchero di canna si poteva estrarre dalle barbabietole. Fu una scoperta importantissima perchè i paesi dal clima freddo non potevano coltivare la canna da zucchero ma erano in grado di coltivare su larga scala la barbabietola.

La pratica dolciaria di Greci e Romani iniziò affondando le radici nella tradizione panificatoria, e numerose sono le testimonianze che identificano questa commistione. Le prime elementari elaborazioni dolci furono per lungo tempo riservate esclusivamente alle grandi solennità, e venivano spesso modellate a forma di animale, quali offerte votive per gli dei.
Miele, uova, farina di grano o avena, latte e vino furono i primi ingredienti dei dolci, arricchiti a seconda delle aree geografiche con frutta secca, datteri, fichi, mele cotogne o formaggio.
Nell'alto Medioevo non si manifestarono sostanziali differenze con le golosità del periodo classico, poi gli Arabi introdussero l'uso delle essenze e dei profumi distillati, dei quali troviamo traccia nelle
zuppe dolci moderne.
Nel basso medioevo si diffusero alcuni tipi di preparazioni abbastanza elaborate come cialde e
marzapane, "sperimentate" sopratutto nei monasteri, grazie al privilegio della panificazione, alla pratica dell’apicoltura e all’utilizzo delle spezie.
Fino al '400, i ricettari accennano solo ad offelle e frittelle, mentre da altre fonti si ha notizia di
confetti, mostaccioli e qualche dolce momumentale.
Il salto dalla produzione domestica dei dolci a quella relativamente più diffusa, non risale certamente a prima del '500. Lo
zucchero , ingrediente fondamentale della moderna pasticceria, impiegò del tempo ad affermarsi sul miele, poiché il suo costo era proibitivo. I grandi banchetti rinascimentali si aprivano con dolci simili alle nostre paste, perchè il servizio di credenza , che noi chiamiamo antipasto, era costituito da piatti freddi tra i quali dominavano proprio i dolci.
Le regine della pasticceria, le torte farcite, comparvero solamente alla fine del ‘600. Oltre all'uso del
cacao, si affermò l'impasto al burro, e verso la metà del ‘700 cominciò ad imporsi anche quello alle uova, più morbido, farcito con la creazione di numerose creme. Furono i popoli del nord Europa a perfezionare queste ricette. Risale ai primi del '700 la Linz o Viennese, la più antica delle torte con l’impasto di burro, mentre venne creata solo ai primi dell'800 la Sacher , la più famosa delle torte a base di uova.
I primi negozi adibiti alla vendita di paste, dolci e torte di produzione propria, sorsero a fine '600, culminando con l'800 nelle rinomate e frequentatissime "Pasticcerie" delle grandi città europee.

La maggior parte delle dolcezze tipiche offerte nei giorni di festa sono frutto di sapienti mani contadine e i prodotti utilizzati sono quelli sul territorio.
Basti pensare che in molti dolci piemontesi è presente le nocciola tonda gentile, alla quale è stata riconosciuta l'Igp (indicazione geografica protetta). Nella zona di coltivazione del mais si realizzano i dolci a base di farina gialla, come la sbrisolona lombarda, i bricciolani piemontesi e la fregolotta veneta.  Regina della tradizione siciliana è la mandorla, quella di Avola, i dolci di pasta di mandorle sono inconfondibili; in Sardegna accanto alle mandorle spicca il miele, ingrediente base delle sebadas. Altri dolci a base di frutta secca, spezie e uvetta sono originari della tradizione austriaca, come quelli del Friuli Venezia Giulia o del Trentino Alto Adige.

E poi di roccoco', susamielli, divino amore, zeppole e struffoli, panpepato,ricciarelli e altri…
Le Zeppole, tipiche della costiera sorrentina, sono ciambelline fritte preparate con una pasta a base di farina acqua latte ed anice, e condite con miele, diavulilli (confettini piccini e coloratissimi) e scorzette d'arancia. Gli struffoli sono un tipico dolce natalizio napoletano, la cui forma  è a base di sfere ricoperte di miele e dai multicolorati diavulilli. L'origine degli struffoli è greca: il  nome, deriva da strongulos, cioè pasta a forma sferica, arrotondata o incavata; anche questa preparazione è consolidata nella tradizione pasticciera napoletana. I Roccocò a forma di ciambella, adatto a chi ha denti solidi,  trae la sue origini invece dal francese rocaille per la barocca e rotondeggiante forma di conchiglia. Famosissimo è anche il panforte di Siena,delizioso e ricco di mandorle,noci e gherigli. Il dolce tipico di Ferrara per il Natale è il panpepato. A Bologna e in tutta la sua provincia, il panone è il dolce tipico delle feste natalizie insieme al certosino. I due dolci sono di colore simile tra loro ma di consistenza nettamente diversa: hanno in comune le decorazioni in superficie fatte con canditi, cioccolato e frutta secca ma, se il certosino assomiglia, nella sua consistenza, al panpepato ferrarese, il panone è più una ricca torta lievitata.
In Trentino, particolarmente famosi sono: lo zelten, un pane dolce farcito con frutta secca e canditi. Un tempo era il dolce di Natale per eccellenza in Trentino. Lo si gustava al rientro dalla messa di mezzanotte. Ogni famiglia ha ancora la sua ricetta specifica per la buona riuscita del dolce; e lo strudel : dolce tirolese il cui  nome  significa in tedesco "gorgo", ovvero qualcosa che si avvolge su se stesso, come la pasta di questo dolce ripieno di mele e uva sultanina.
In Friuli Venezia Giulia, la Gubana e’ il dolce più tipico della regione. Golosissima pasta sfoglia, dolce,  ripiena di frutta secca e spezie, canditi amalgamati con rosso d'uovo e montati a neve con albume.
La ricchezza di sapori e di ingredienti riflette la cucina friulana, dove i prodotti locali si fondono a droghe esotiche e agrumi mediterranei.
A Verona, trionfa il Pandoro, diventato un simbolo del Natale ... Soffice, il sapore delicato, il colore oro intenso, spruzzato di zucchero a velo...
Il nome pandoro deriva dal colore giallo oro intenso di questo dolce. Le sue origini sono incerte. C’è chi lo fa risalire all’Austria dell’Impero Asburgico e  ai pasticcieri della Casa Reale di Vienna che preparavano  il “pane di Vienna”, una variante della pasta brioche francese.
Altri sostengono, invece, sia originario della Repubblica Veneta del Rinascimento, delle ricche famiglie patrizie che consumavano un dolce chiamato “pan de oro” ricoperto di sottili foglie di oro zecchino.
Le tradizioni più certe lo riconducono al “nadalin”, un dolce a forma di stella, che - alla fine dell’Ottocento - le famiglie veronesi preparavano a Natale.
Il Panettone e’ la più classica delle specialità lombarde.
Sono ben tre le storie sulla nascita di questo squisito dolce milanese. La più conosciuta narra di come durante la Vigilia i cuochi di una casa nobiliare avessero fatto bruciacchiare in forno il dolce destinato al banchetto del loro padrone. Uno degli sguatteri, Toni, propose allora di utilizzare un impasto preparato con ciò che era avanzato da quello bruciato. Il nuovo pane dolce, chiamato “El pan del Toni”, ebbe un grande successo in tutta la città. La seconda racconta invece di una suora che, rattristata dal fatto di non poter offrire un dolce a Natale, ebbe l’idea di aggiungere burro, cedro ed uvetta all’impasto del pane. Ma la più bella è forse quella di due innamorati milanesi, Ughetto ed Adalgisa. Innamoratosi della ragazza, figlia di un fornaio che navigava in cattive acque, il nobile Ughetto inventò il panettone riuscendo così a rendere ricca la famiglia di lei ed ottenendo dalla sua, che osteggiava l’unione a causa della differenza di ceto, la benedizione per portarla finalmente all’altare.
Nella dolceria siciliana, invece, si uniscono la fantasia soggettiva del cuoco professionista o quella della più comune e popolare massaia alla tradizione secolare isolana che presenta ancor oggi le reminescenze delle dominazioni subite dall'isola. Le ricette dei dolci siciliani preparati per le feste contribuiscono, con il loro sfarzo ed ingredienti base come il pistacchio, la mandorla, il miele, la cannella e lo zucchero, ad accentuare il clima eccezionale della festa alla quale il dolce stesso è collegato, contribuendo così ad accentuare il distacco dalla quotidianità.
Discorso a parte merita la frutta secca. Da sempre essa simboleggia l'abbondanza e la ricchezza nelle leggende popolari, si evince così come essa ha un posto di primo piano nella dolceria siciliana prodotta nel periodo natalizio.
Fra i dolci più rinomati figurano:  Il "Cuscus dolce", una tipica ricetta agrigentina natalizia. Si tratta di un dolce dalla forma rotonda o semisferica preparato adagiando su di uno zoccolo di pasta frolla o Pan di Spagna uno strato di conserva di pistacchio ed uno di crema pasticcera. Il tutto è completato e fermato da un colletto di pasta reale. Il tutto può esser arricchito aggiungendo all'impasto uno o più vini dolci.
I "Cuddureddi" sono dei dolci natalizi tipici della città di Grammichele (Catania). Essi hanno la particolare forma ad anello, il loro involucro è creato impastando farina, acqua e zucchero ed il loro ripieno è costituito da un impasto costituito da vino cotto, spezie, mandorle, cannella e canditi di arance locali. Ed ancora, mustazzoli, cassate, buccellati, e chi più ne ha più ne metta.

I dolci sono qualcosa in più di una semplice dedica al palato: costituiscono un appuntamento con la tradizione, con le ricorrenze, con i pranzi domenicali, che difficilmente rinunciano a concludersi con un vassoio di “paste”, di mignon o con una bella torta.



Il cioccolato

Il cioccolato è un alimento derivato dai semi della pianta del cacao (Theobroma cacao L.) diffuso e ampiamente consumato nel mondo intero. È preparato a partire dal burro di cacao (la parte grassa dei semi di cacao) con aggiunta di polvere di semi di cacao, zucchero e altri ingredienti facoltativi, quali il latte, le mandorle, le nocciole o altri aromi.



Partendo dall'ingrediente base della pasta di cacao, ottenuta dai semi del cacao, vengono aggiunti gli altri ingredienti necessari, più precisamente:
  • fondente: pasta di cacao, burro di cacao, zucchero e vaniglia
  • al latte: come sopra, ma con aggiunta di latte o latte in polvere
  • bianco: burro di cacao, zucchero, vaniglia, latte o latte in polvere


In alcuni paesi la legge consente di tagliare il burro di cacao con altri grassi vegetali.

Spesso viene aggiunta anche la lecitina di soia, che agisce come agente emulsionante favorendo una maggiore omogeneizzazione degli ingredienti. Diversi produttori introducono variazioni personalizzate alle proporzioni delle ricette base, come una sorta di "marchio di fabbrica". Il cioccolato fondente più pregiato arriva a contenere non meno del 70% di cacao (sia polvere che burro).

L'impasto viene poi passato dalle raffinatrici, che sono delle macchine laminatrici.

Concaggio

Il penultimo stadio prende il nome di concaggio (conchage o conching). Consiste nel mescolare per tempi molto lunghi la miscela di ingredienti in apposite impastatrici dette conche aggiungendo eventualmente dell'altro burro di cacao. Ciò deve avvenire a temperatura controllata appena sufficiente a mantenere la miscela liquida avendo cura di rompere i grumi dei vari ingredienti fino a portarli a dimensioni inavvertibili dalla lingua ed a farne una massa perfettamente liscia ed omogenea. I cioccolati più pregiati vengono trattati in questo modo per non meno di una settimana. Terminata questa fase, il cioccolato viene mantenuto fuso in serbatoi a 45-50°C.. Il concaggio serve, fra le altre cose, anche ad ossidare i tannini.

Temperaggio

Dato che il burro di cacao tende a cristallizzare in modo polimorfo ed irregolare, la massa di cioccolato fuso deve venire raffreddata cautamente, in modo da portare alla cristallizzazione desiderata, quella che produce un cioccolato che si spezza ma che allo stesso tempo si scioglie morbidamente. Per ottenerla, la massa di cioccolato viene raffreddata gradualmente da 45°C a 27°C, quindi riscaldata a 37°C e successivamente raffreddata fino allo stato solido.


Studi e ricerche sul cacao e sul cioccolato

Uno studio del 2003 promosso dell'Istituto Nazionale Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (Inran) di Roma, sostiene che il cioccolato fa bene al cuore. I risultati hanno rivelato che il fondente aumenta del 20% le concentrazioni di antiossidanti nel sangue, mentre quello al latte non ha alcun effetto; addirittura il fondente perde ogni effetto se accompagnato a un bicchiere di latte. Secondo i ricercatori il latte farebbe diminuire gli effetti positivi e cardioprotettivi in quanto cattura le epicatechine flavonoidi presenti nel cacao che possiedono un elevato potere antiossidante.

Theobroma cacao


Theobroma cacao


Sottospecie
  • Cacao criollo - Theobroma cacao cacao
    • Semi bianchi, molto profumati e poco amari; originario del Messico, esso rappresenta il seme dei Maya, poco produttivo e delicato, di qualità pregiata.
    • La produzione mondiale non supera l'1% del totale, mentre per la produzione di cioccolato , esso rappresenta il 10% delle specie di cacao utilizzate. Coltivato in Venezuela.
  • Cacao forastero - Theobroma cacao sphaercarpum
    • Semi violetti dal gusto forte e amaro. Robusto e molto produttivo, dunque più a buon mercato.
    • Molto diffuso, con esso viene prodotto l'80% del cioccolato.
  • Trinitario (ibrido dei primi due)
    • Originario della bassa Amazzonia con caratteristiche intermedie ai primi due.
    • Coltivato in : Messico, Trinidad, Caraibi, Colombia, Venezuela, Asia sud-orientale. Esso rappresenta il 10% della produzione di cioccolato.
  • Porcellana (ibrido)



Coltivazione

La coltivazione richiede elevate spese d'impianto e comincia a produrre dal quinto anno, mentre la fruttificazione dura per un trentina d'anni.
Ogni pianta fornisce 1-2 kg di semi secchi; la fruttificazione è continua ma durante l'anno si hanno due periodi di massima produzione.



Raccolta

Il frutto della pianta (cabossa), si raccoglie un paio di volte all'anno, viene schiacciato e lo si fa riposare per circa una settimana, per poi estrarne la polpa ed i semi.


Fermentazione

Il procedimento di fermentazione può essere leggermente diverso a seconda del tipo di cacao che si vuole ottenere; tempo fa, ad esempio, la fermentazione avveniva in appositi cassoni di legno. Negli attuali processi di produzione, polpa e semi si fanno fermentare insieme per 5 o 6 giorni; un tempo, invece, la fermentazione del criollo non superava i tre giorni. La temperatura di fermentazione si assesta sui 45 - 50 e durante questo periodo, la polpa si liquefa e viene eliminata. La fermentazione inattiva il seme, che smette di germogliare e provoca il rammollimento della polpa rimasta aderente al seme, un processo di leggero addolcimento del cacao e inoltre l'ingrossamento del seme che assume una colorazione bruna; la fermentazione provoca l'ossidazione dei polifenoli, un'ossidazione troppo scarsa provoca un sapore amaro, mentre una troppo spinta rende il seme insipido (formazione dei precursori d'aroma). Attualmente la fase di fermentazione è sostituita dalla fermentazione in armadi su plance in legno di cedro da circa 80 cm che consentono un prodotto fermentato in maniera più omogenea ed esente da muffe


Essiccazione

I semi vengono sottoposti ad essiccazione al sole per bloccare la fermentazione e per ridurre il contenuto di umidità. I semi sono distesi al sole e in questa fase occorre molta manodopera per coprire velocemente i semi di cacao in caso di pioggia. Questa fase dura 7-15 giorni.
Durante l'essicatura i semi vanno assolutamente protetti dall'umidità, che potrebbe indurre la formazione di muffe e rendere il raccolto inutilizzabile per l'uso alimentare. I semi di cacao rovinati sono comunque recuperabili come fonte di burro di cacao, usato anche nell'industria cosmetica. Un'essicatura accelerata o artificiale è più rapida, ma produce un cacao di qualità inferiore, usato nelle produzioni industriali.

Con queste procedure, i semi vengono resi fragili in quanto si rammollisce la pellicola esterna; così le due metà dei semi si suddividono mediante semplice pressione, il seme si divide così in due parti, dette cotiledoni.

Tostatura (o torrefazione)

Questo processo, chiamato impropriamente torrefazione, dura fra i 70 e i 120 minuti, con temperatura variabile in funzione del prodotto che si vuole ottenere: la produzione di cacao da cioccolato richiede una temperatura fra i 98 ed i 104° centigradi, mentre per la produzione di cacao in polvere fra i 116 ed i 121° gradi centigradi. Vi sono due tipologie diverse di tostatura:

  • In speciali essiccatoi in cui i semi, mentre cadono, sono investiti da un getto di aria calda.

  • Per avanzamento su letto fluido.


Questa operazione serve a facilitare la decorticazione del cacao e anch'essa determina l'addolcimento dello stesso.


Decorticazione e degerminazione

Dopo la tostatura si esegue il processo di decorticazione e di degerminazione per mezzo di macchine apposite; i cotiledoni, dopo questa operazione, possono essere venduti allo stato di fatto oppure la lavorazione può continuare tramite la triturazione.


Triturazione

I cotiledoni vengono macinati fra cilindri caldi, che, fondendo il grasso contenuto (in percentuali superiore al 50%), li trasforma in una massa fluida, viscosa e bruna detta massa di cacao o liquore.
A questo punto viene addizionato di carbonato di potassio per amalgamare il grasso con le altri componenti ma anche per neutralizzare i tannini. La massa di cacao può essere utilizzata allo stato di fatto se si vuole fare il cioccolato, oppure continuare il trattamento con la separazione del grasso.

Una buona parte del grasso viene separata per pressione, la parte rimanente, che ha ancora il 20-28% di grasso, viene posta in contenitori, nei quali si concreta in lastre in ambiente raffreddato dette panelli. Il burro di cacao può venire separato dalla pasta ottenuta anche tramite il processo Broma (sacchi di pasta di cacao appesi in una stanza calda, da cui il burro di cacao cola via).


Cioccoglossario

  • Burro di cacao: la sostanza grassa ottenuta da semi di cacao o da parti di semi di cacao
  • Cacao in polvere o cacao: il prodotto ottenuto mediante trasformazione in polvere di semi di cacao puliti, decorticati e torrefatti e che presenta un tenore minimo di burro di cacao del 20 % (percentuale calcolata sul peso della sostanza secca) e un tenore massimo di acqua del 9 %.
  • Cacao magro in polvere o cacao magro: è cacao in polvere con un tenore di burro di cacao inferiore al 20 %
  • Cioccolato in polvere: un miscuglio di cacao in polvere e zuccheri, contenente non meno del 32 % di cacao in polvere.
  • Cioccolato comune in polvere o cacao zuccherato: un miscuglio di cacao in polvere e zuccheri, contenente non meno del 25 % di cacao in polvere; si aggiunge il termine magro se il prodotto sia magro o fortemente sgrassato ai sensi della definizione precedente.
  • Cioccolato: il prodotto ottenuto da prodotti di cacao e zuccheri che presenta un tenore minimo di sostanza secca totale di cacao del 35 %, di cui non meno del 18 % di burro di cacao e non meno del 14 % di cacao secco sgrassato.
  • Cioccolato al latte: il prodotto ottenuto da prodotti di cacao, zuccheri e latte o prodotti a base di latte e che presenta un tenore minimo di sostanza secca totale di cacao del 25 %, di sostanza secca del latte del 14 %, di cacao secco sgrassato del 2,5 %, di grassi del latte del 3,5 %, di grassi totali (burro di cacao e grassi del latte) del 25 %.
  • Cioccolato comune al latte: il prodotto ottenuto da cacao, zuccheri e da latte o da prodotti a base di latte, che presenta un tenore minimo di sostanza secca totale di cacao del 20 %, di sostanza secca del latte del 20 %, di cacao secco sgrassato del 2,5 %, di grassi del latte del 5 %, e di grassi totali (burro di cacao e grassi del latte) del 25 %. Il Regno Unito, l'Irlanda e Malta possono autorizzare l'uso nel loro territorio del termine milk chocolate per questo tipo di cioccolato a condizione che tale termine sia accompagnato dall'indicazione del tenore di sostanza secca di latte nella forma «sostanza secca di latte: … % minimo».
  • Cioccolato bianco: il prodotto ottenuto da burro di cacao, latte o prodotti a base di latte e zuccheri, e che contiene non meno del 20 % di burro di cacao e del 14 % di sostanza secca del latte; burro o grassi del latte devono essere presenti in quantità pari almeno al 3,5 %.




Le ricette 8° lezione




Mimosa

Pan di Spagna
crema Chantilly
sciroppo aromatizzato allo Strega
pezzi di cioccolato fondente.

Ricavare tre strati dal pan di Spagna. Tagliare lo strato centrale a cubetti e farcire il pan di Spagna inzuppato con lo sciroppo con la crema chantilly e i pezzi di cioccolato. Rifinire la torta con crema chantilly e cubetti di pan di Spagna. Spolverizzare con lo zucchero a velo


Pan di spagna

7 uova
180 gr zucchero
180 gr farina
30 gr fecola
vaniglia qb

Montare le uova leggermente scaldate con lo zucchero. Unire delicatamente a mano la farina, la fecola setacciata e la vaniglia. Disporre il composto in stampi imburrati e cuocere in forno a 170-175 °C per ca. 15 min.


Crema pasticcera

500 gr latte
75 gr zucchero
100 gr tuorli
75 gr zucchero
20 gr amido di mais
20 gr farina
Vanillina qb

Far bollire il latte con 75 g di zucchero, la buccia di un limone e la vaniglia.
Sbattere i tuorli con i restanti 75 g di zucchero quindi aggiungere l’amido di mais e la farina.
Quando il latte inizia a bollire aggiungere qualche cucchiao di latte al composto dei tuorli.
quindi versare il composto nel latte bollente e far cuocere.
Quando si raggiunge una certa consistenza, versare la crema e coprire con una carta pellicola per evitare che si formi la pellicola.


Piccole lemon pie
Crostata di pasta frolla con crema di limone (lemon curd) e meringa italiana qui di seguito descritte:



Frolla
275 gr burro
200 gr zucchero velo
2 tuorli
500 gr farina debole
Limone grattugiato
Vaniglia qb

Impastare burro e zucchero, unire le uova ed infine la farina con gli aromi e lasciare riposare in frigo.


Lemon curd

200 gr di burro
900 gr di zucchero
12 uova
8 limoni succosi

Grattugiare la scorza di 1 solo limone (solo la parte gialla), facendola cadere in una casseruola d’acciaio a fondo spesso; unire il succo dei limoni filtrato, il burro ammorbidito e lo zucchero. Mettere la casseruola su fuoco debole e mescolare adagio finché il burro si sarà sciolto e amalgamato al sugo. Aggiungere le uova sbattute e, sempre a fuoco basso, mescolare adagio fin quando la marmellata diventa densa e di un bel colore dorato (non deve mai bollire). Al primo sbuffo di vapore, che indica il punto di ebollizione, togliere subito dal fuoco e versare la marmellata in vasi ben puliti ed asciutti, chiuderli immediatamente e capovolgere i barattoli, in questa maniera si sterilizzerà anche il coperchio. Riporre appena si saranno raffreddati.






Meringa italiana

100 gr acqua
400 gr zucchero
250 gr albumi
100 gr zucchero

Unire 100 g acqua con 400 g zucchero e cuocere fino a 121°. Montare gli albumi con 100 g zucchero. Versarci a filo lo zucchero cotto.




Mousse al cioccolato

300 gr panna
500 gr cioccolato fondente 70%
6 gr gelatina
700 gr panna lucida

Portare a bollore la panna ed aggiungere il cioccolato fatto a pezzi.
Far sciogliere bene ed unire la gelatina.
Quando la massa sarà a 40-45° unire la panna lucida.
       (ndr è la panna che dopo essersi opacizzata, ridiventa lucida ma non è ancora montata)
Far raffreddare e servire.




Cioccolato

800 gr di cioccolato fuso a 45°C
200 gr tritato finemente da unire agli 800 fino ad una temperatura di 32°C
Stoccaggio e conservazione 15-18 °C
Fusione 45°-50°C
Se non si superano i 34 °C nella fase di lavorazione il cioccolato rimane temperato




Tortino caldo al cioccolato con zabaione

2 uova intere
2 tuorli
60 gr zucchero
125 gr cioccolato fondente
100 gr burro
40 gr farina setacciata
30 gr cacao in polvere setacciato

Unite le uova e lo zucchero in un'ampia ciotola, montate il composto con le fruste elettriche. A parte sciogliete il cioccolato e il burro a bagnomaria. Alle uova precedentemente montate, amalgamate delicatamente la farina e il cacao, e successivamente il burro e il cioccolato. Versate nelle cocotte il composto. Cuocete in forno preriscaldato a 180° per non più di 10 minuti (attenzione!!! la riuscita del cuore fondente dipende proprio dal tempo di cottura...)


Ricordatevi che:
Crema Chantilly italiana è composta per un terzo da panna montata e due terzi di crema
invece di 60 gr di farina si possono usare 20 gr di amido di mais (maizena) e 20 gr di farina
per non far bruciare la crema aggiungere i primi 75 gr di zucchero senza nulla toccare fino a bollitura
sabbiatura (sablé) si ottiene da burro e zucchero
pasta frolla si ottiene da uova e sabbiatura
Savaren è una ciambella con il buco
Il cioccolato non si conserva in frigo, semmai in freezer
Per montare le uova a neve incominciare a frullare lentamente , per aumentare sempre più fino alla velocità massima, che sarà mantenuta per circa 15 minuti
      


Zabaione

un tuorlo a persona
zucchero 30 gr

sbattere le uova, e aggiungere lo zucchero fino a che non si addensa la crema
aggiungere marsala fino a quando il composto ritorna liquido
cuocere a bagno maria, sbattendo con moto vorticoso

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